“E piangendo gli viene da ridere”. La citazione è della canzone di Francesco De Gregori all’interno di quel capolavoro di testo che fu “Banana Republic”. Forse sarebbe stato più giusto scrivere “ci viene da piangere” perchè la notizia della morte del Maestro è stata un’entrata a schiaffo di quelle che non ti aspetti. Mai. Esattamente un anno fa. La sua ultima “mandrakata”, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, la più beffarda di tutte. Il giorno del funerale impressionò il corteo del carro funebre per le strade di Roma deserte a causa della pandemia dense di lacrime e di quel senso di privazione che lascia chi se ne va. Gigi Proietti sapeva parlare a tutti con la sua comicità garbata, mai volgare. Amava ridere e la leggerezza: “Potrei esserti amico in un minuto, ma se nun sai ride mi allontano. Chi non sa ridere mi insospettisce”. Fu uno dei tanti simboli di romanità, quella pacioccosa e sincera; simpatica e ficcante, era l’erede naturale di Ettore Petrolini.
Era nato il 2 novembre 1940, sin da piccolo mostra una passione per il gioco della rappresentazione e una predisposizione per la musica. All’inizio degli anni Sessanta, grazie ad alcune attività teatrali organizzate dall’Università della Sapienza, conosce Giancarlo Cobelli, con il quale ha il suo primo debutto nel teatro-cabaret con il Can-Can degli italiani, per cui ha l’opportunità di comporne le musiche. Inizia la sua carriera teatrale, nel frattempo canta e suona la chitarra, ma si cimenta anche nel doppiaggio, dando voce a Gatto Silvestro della Warner Bros.
Nel 1966, entra nel “Teatro del 101”, un teatro di cantina che sarà testimone di un repertorio che prende esempio dalle grandi avanguardie storiche europee. Negli anni seguenti inizia a lavorare al cinema, incontra Tinto Brass – con cui collabora ad alcune sceneggiature cinematografiche – e ha il duro ruolo di protagonista ne Il Dio Kurt di Alberto Moravia del quale darà un’interpretazione grandiosa.
Nel 1970, gli viene proposto di sostituire Modugno per la commedia musicale Alleluja Brava gente, nel quale recita, canta e balla: è qui che entra ufficialmente nel cuore del pubblico, che inizia a considerarlo uno dei grandi attori del Novecento.
Il 1976 è determinante per la sua carriera, con lo spettacolo A me gli occhi, please (che in seguito riproporrà in diverse tournèe, anche per celebrare i suoi anni di palcoscenico): qui inventa un nuovo linguaggio teatrale, entra in scena con un unico elemento scenografico, una cassa che è lo scrigno della sua vita, da cui pesca ricordi che fanno emozionare il grande pubblico.
Nel 1984 debutta alla regia lirica che gli dà modo di mostrare la propria sensibilità musicale nella direzione di Tosca di Puccini, a Pisa. Nel 1995 inizia le riprese di una nuova fiction tv che diventerà famosissima: Il maresciallo Rocca. Successivamente cura l’adattamento e la regia teatrale de Il dramma della gelosia, per il quale inventa un muro di mattoni di calce viva che si frammenta lasciando spazio ad ambienti cinematografici mobili, riuscendo a coniugare segni teatrali e materiale del cinema.
Segue una varietà straordinaria di spettacoli teatrali che faranno altro che confermare le sue potenzialità.
Nel 2014, è protagonista della serie Una pallottola nel cuore , mentre l’anno dopo è nuovamente impegnato a teatro con il suo spettacolo, Cavalli di battaglia, per festeggiare i suoi cinquant’anni di carriera, che approda anche all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Nel 2018 inizia una collaborazione con Alberto Angela come voce recitante per Ulisse: il piacere della scoperta, e nel 2019, in Eurovisione, presenta “Matera2019 Open the future!”, evento di arte, musica, spettacolo, tradizione e creatività alla presenza del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella.
Il talento poliedrico mostrato da Gigi Proietti durante tutti i suoi anni di carriera è inarrivabile, così come il suo nuovo modello di teatro-grafia che ha rivoluzionato per sempre la maniera di intendere il teatro.
Cobelli, Shakespeare, Augias, Picasso, Molière, Apollinaire, Brecht, Moravia, Petrolini, Gassman, Rostand, Pirandello, Cerami, Verdi, Puccini: i personaggi messi in scena e le sue collaborazioni sono così svariate e divergenti da apparire impossibili per un unico interprete. Eppure così è stato: “stiamo parlando di un attore che sa fare tutto, in maniera straordinaria” ha detto di lui Alessandro Gassmann, e così è stato fino al suo ultimo giorno di vita.
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