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Claudio Coccoluto racconta la magia dei “Vinilici” e ci insegna che, se non ami qualcosa, forse è solo perché non l’hai capita

“Non ho mai smesso di fruire, comprare e usare nei miei set i vinili. C’è stata una continuità che non si è mai interrotta. Toccarlo, sfogliarne la copertina. Per me quello è un rito assoluto, rinunciarci sarebbe molto difficile”.
Esordisce così Claudio Coccoluto, ospite di Generazione 104, condotto da Mattia Salvatico, in occasione di “Vinilici”, docu-film disponibile dal 3 dicembre su Amazon Prime Video che racconta l’amore per i dischi attraverso varie testimonianze, tra cui proprio la sua.

Per raccontare la verità che si cela dietro a quel piatto nero e lucido, delicato e un po’ ingombrante, gioca con una similitudine: usare un vinile è difficile, è come essere un atleta che cammina su un filo, ma senza rete sotto.
Quel vuoto è stato colmato dalla tecnologia, che vuole renderci le cose più semplici ma non riesce a rinunciare al fascino del passato, che le permette di mettersi in discussione e di operare in una modalità altrimenti sconosciuta per i più giovani.
Il disco è il risultato di elementi grafici, fotografici e musicali che viaggiano insieme e non hanno nulla a che fare con la liquidità che caratterizza gli strumenti di oggi.
La sapienza, la genialità e la professionalità che si celano dietro alla realizzazione di una copertina non hanno mai smesso di sorprenderlo, e ci svela che a incantarlo fu “Ummagumma” dei Pink Floyd.

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Claudio Coccoluto è stato il primo dj europeo a suonare, nel 1991, nel famosissimo Sound Factory Bar di New York, il tempio internazionale dell’House Music.
Ci ha raccontato che è stato un momento unico e indimenticabile per la sua vita, accompagnato dalla musica che gli ha sempre dato quella sicurezza necessaria per affrontare una serata importante come quella e gli ha concesso il privilegio di vedere ballare in pista tutti gli eroi e i producer che aveva sempre seguito e ammirato.
Inizialmente non era un grande amante della disco e della black music ma, con il tempo, si è reso conto che “quando non ti piace qualcosa, spesso vuol dire che non l’hai capita. Se hai voglia di scavare fino alle radici e scopri che in fondo non è così male, significa che eri tu quello a non essere predisposto ad approfondire.”

Per riascoltare l’intervista integrale clicca sul link qua sotto:

Intervista Claudio Coccoluto

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